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Quanto allego è dedicato all'Amico Patrizio, con cui spero di scambiare due chiacchiere sull'argomento, visto la passione che ci unisce. Ho di recente visto un suo lavoro e sono rimasto sbigottito, se non fosse che per il contesto fotografico, avrei detto che era un Gozzo di reali dimensioni.
Passiamo a noi, ho appena finito la tavola di cui segnalavi la difficoltà che avrei incontrato. Guarda un po' che mi succede di dover riprodurre!?, sarà sbagliato oppure è giusto?.
Sta di fatto che nella realtà è proprio così, la posa e l'esecuzione della tavola inoltre non mostra alcun problema nel metterla in pratica.
Forse il "Tuo" intervento o di qualche altro esperto in materia ci potrebbe spiegare se questa Tecnica può rientrare nelle tecniche segrete dei vecchi maestri d'ascia oppure è un'offesa nel mondo della costruzione del fasciame, ritengo sia un discorso interessante da affrontare sopratutto per aumentare il nostro bagaglio personale.
Un saluto a Tutti, Pino.

Ciao Pino,
vedo che sta venendo proprio un bel lavoro.
Sulla veridicità del fasciame ci hai detto che corrisponde al vero, benissimo se è così, e non ne dubito, per me non solo va bene, ma va benissimo.
Una volta tanto che si può far preciso riferimento ad una barca vera e la si vuol riprodurre è inutile star a menar il can per l'aia. Queste disquisizioni più o meno dotte lasciamole per i modelli antichi dove la verità assoluta è solo in "mente dei"...
Buon lavoro e ciao,
Mario

Ciao Pino, concordo con Mario, se il fasciame è così dal vero, ogni discussione
è fuori luogo, devi rispettare l'originale, anche nei chiodi messi per fermare le tavole, e su questo non ho nessun dubbio che hai rispettato quanto è stato fatto sull'originale.

Patrizio

Ciao Pino, tra i tavolati del fasciame, vedo uno spazio o luce, lo hai lasciato volutamente per inserirci del filo nero per simulare il calafataggio? La chiodatura che si vede con quale legno hai realizzato i cavicchi?

Ragazzi vi ringrazio del sostegno, sull'esecuzione pratica del fasciame, continuerò a procedere come il mio solito.
Di "Cavicchi" in legno non ne ho fatti nessuno, ciò che vedi è solo la punzonatura per il futuro foro che ospiterà il chiodo, che nell'originale è di Ferro Zincato, ma sul modello sarà simulato da filo in alluminio del diametro di 1 mm, questo materiale andrà a simulare in superficie il diametro della testa del chiodo.
Lo spazio che ho lasciato tra i corsi, ospiterà il calafato, che sull'originale non è nero ma bianco, è semplice cotonina non trattata che per effetto del Minio dato come fondo sullo scafo, resta in posizione e rimane pressato dal gonfiarsi delle tavole per effetto dell'acqua a cui l'imbarcazione è soggetta, infatti non per nulla l'originale è mantenuto costantemente umido da secchiate d' acqua che il proprietario periodicamente versa a tal proposito.
Ho avuto la fortuna di toccare con mano su alcuni relitti abbandonati in spiaggia la cotonina fuoriuscita per il dilatarsi dei corsi e ne ho valutato la consistenza, come dice la parola si tratta di cotone filamentoso attorcigliato ed ha spessori diversi a secondo della fessura. Nel modello ho cercato di realizzare comenti da 50 a 75 decimi di spessore, questo dovrebbe consentirmi con un pò di fatica, ad inserire del filo in cotone come nelle prove mostrate qualche mese fà su questo "Forum".
Alla prossima, Pino

Pino, grazie delle spiegazioni esaurienti e buon lavoro, ottimo come sempre!!!!!!
vinicio

Dopo una lunga assenza dal Forum ma non dal cantiere, mi rifaccio “Vivo” con alcuni aggiornamenti dedicati al pubblico del “S. Giuseppe”.
La fasciamatura dello scafo è stata ultimata, molto laborioso è stato realizzare l’interspazio che doveva ricevere la “Calafatura”.
Solo dopo la consueta piallatura e carteggiatura delle tavole che compongono il fasciame, ho potuto procedere con la marcatura, punzonatura e foratura per ospitare i circa 700 chiodi in alluminio, di seguito sono passato alla posa della calafatura, previo la tinteggiatura del filo in Cotone di Lino a Voi presentato nei post precedenti.
Per conferirgli un colore più consono ho dovuto immergerlo dentro un pentolino con dell’acqua ed una bustina di THE, e messo a bollire per l’occasione ( non me la sono sentita di berne una tazza!), il risultato di tutta questa procedura lo lascio commentare a Voi.
Nelle foto che seguono vedrete la messa in opera delle Carene, sono quelle lunghe tavole applicate alla base della chiglia, preposte come i pattini a mo di slitta.
Nella realtà servono a fare scivolare l’imbarcazione su dei blocchi di legno detti Falanghe, l’attrito tra questi elementi è ridotto con l’applicazione del così detto Sivo, un composto di grasso animale molto simile al sapone ma più pastoso.
Questo processo aiuta gli uomini che Varano il mezzo in Mare, ma anche quando arrivati a Terra devono rimettere la stessa sul Bagnasciuga.
Vedrete in una foto il S.Giuseppe in un quadro quasi Circense, sottoposto ad una pressione con mezzi di fortuna per l’incollaggio delle Carene, premetto che quanto vedrete non vuole in alcun modo essere pubblicità occulta, ma è quanto di più strano vi può capitare in alcune situazioni non previste, e la disperazione vi farà utilizzare tutto quello che avrete a portata di mano, fortuna che in quel momento non cera mia suocera, avrei potuto usarla per l’occasione, scherzi a parte spesso i mezzi improvvisati risultano i più efficaci.
In quel caso ho posato sul modello, la scatola di cartone che raccoglieva la mia attrezzatura necessaria per la lavorazione di quei giorni, non soddisfatto del peso, vi ho aggiunto le tre griglie in ghisa appena acquistate contenute dal sacchetto giallo, sostituiranno quelli vecchi del piano cottura della mia cucina.
Risultato una piramide al contrario se si tiene conto che alla base ci ho messo la scatola di biscotti per concentrare l’incollaggio centrale delle Carene!
Certo che tutti abbiate passato una felice Pasqua, vi lascio alle foto che testimoniano i vari passaggi, nella speranza di allietarvi per un sereno rientro dalle Feste.
A Tutti un Ciao e alla prossima, Pino.

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